Milano, 9 Settembre 2015
Bianca cammina su un muretto. E’ una danza, la sua, e ogni passo le attraversa la testa, il cuore, la pancia, le labbra socchiuse e gli occhi accesi prima di arrivare ai piedi, che assaggiano, golosi, il terreno vergine.
Bianca si guarda intorno, mentre cammina, ladra di impressioni sensoriali, vogliosa di freschezza. Tocca l’aria che respira con dita avide di meraviglia, ascolta l’eco dei suoi sogni mentre cerca la pace e trasforma ognuno dei suoi pensieri in un bacio del vento.
Bianca sta scappando da un mondo popolato da analfabeti affettivi, ma forse questo nemmeno lo sa.
Passo dopo passo va all’incontro con l’ignoto, avanzando lentamente sempre in bilico su quel muretto, in uno stato di equilibrio precario tra il totale abbandono e una folle volontà di rinascita. C’è un burrone, lì sotto, ma non c’è una rete che la protegge, perché Bianca non ha nulla da perdere, e non ha nemmeno più paura degli attriti.
Non vuole più essere prigioniera dei nomi che ha dato alle cose, e per una volta vuole perdere il controllo, e perdersi. Si spoglia dei pregiudizi e delle categorie che l’hanno sempre rassicurata, tracciando confini legittimi, e libera il respiro, accarezzandone l’interno e godendone l’intorno.
Bianca accelera il passo, adesso, perché l’autunno sta arrivando e lo vuole abbracciare. Si vedono già le prime foglie incendiate di rosso nei boschi dell’anima e lei allora sorride, perché sa che mentre gli alberi si sfoglieranno dentro di lei sboccerà una primavera fuori campo, che le colorerà di nuovo i pensieri.
Bianca ha un’anima straniera, che veleggia fra le stelle aggirando gli ostacoli. Ormai ha capito che per rispondere con grazia vulnerabile al richiamo delle infinite possibilità si cazza o si lasca in base al vento che quel giorno soffia sul viso.
Bianca vuole solo andare avanti, non si volta indietro perché non ne vale la pena. Va alla ricerca dei nessi tra le cose slegate che incontra lungo il cammino, e pratica l’anarchia dei sentimenti, collezionando nuove sensazioni come souvenir di un viaggio sempre incompiuto.
Ebbra di un’atmosfera densa di dolorosa dolcezza, Bianca venera lo spazio del desiderio e, accogliendo i chiaroscuri, si fa sciamana della luce. Intreccia coi pennelli stelle filanti di sogni, in un magico rituale della buena suerte, per costruire immagini a colori dopo aver assaporato piccoli sorsi di mondo.
Bianca lascia tracce di sé sul muretto che ora scorre veloce sotto i suoi piedi divenuti un po’ più leggeri, mentre si cerca e si reinventa e disegna scene di senso, piene di gesti che scaldano. Perché a Bianca, avvolta nella melodia muta della sua nuova vibrante primavera, il suono non importa così tanto. E’ il senso che ricerca, anche quando mette in fila le cose, nei cassetti chiusi, nei ripiani a vista e anche un po’ fra le nuvole della sua immaginazione, per poi guardarle tutte insieme, con gli occhi socchiusi per cancellare i contorni, e si ritrova a canticchiarne le rime.
Bianca insegue gli intrecci, rincorre gli incontri che si compiono e diventano storie da raccontare, gravide di una qualità narrativa ostinata e ridente a cui si gode ad affidare l’anima.
Bianca ha voglia di gridare un po’, mentre percorre gli ultimi passi di questo suo ballo ipnotico su quel muretto senza rete sotto. Ha voglia di ricordare e di dimenticare e piangere e ridere e sentire senza doversi spiegare quei perché che le hanno stretto il cuore senza darle tregua.
Bianca traccia nel cielo grappoli di linee che riescono a concepire una trama perfetta, di una finezza commovente che distilla armonia.
Bianca vuole solo vivere panorami provvisori adesso, sintonizzando i battiti del cuore col flusso di fotografie e sensazioni che li percorrono, senza per forza richiedere una giusta causa per funzionare. Perché Bianca ha capito che la verità è solo tutto quello che alla fine funziona. Basta che funzioni davvero.
Bianca, a dirla tutta, è un po’ blu.