Milano, 14 Luglio 2015
Capita, a volte, di avere voglia di vivere fra le pareti lisce e carezzevoli di una rassicurante comfort zone. Capita, perché magari la tempesta là fuori ci ha messi a dura prova e abbiamo bisogno di accantonare per un po’ un’emotività prorompente che non ci fa riposare da tempo, ci serve una tregua, per chiudere un po’ gli occhi e predisporci a ricevere un sorriso di quelli che si toccano, o un abbraccio. Meglio entrambi, se si può.
La comfort zone è quella condizione mentale e comportamentale di appagante confidenza dove tutto ci è noto, dove ci sentiamo accolti, e a nostro agio, mentre sgambettiamo qua e là senza incorrere in grossi rischi, né sorprese, i nostri livelli di ansia e stress sono ridotti ai minimi termini e le nostre performance, sia fisiche sia intellettive, sono stabili, senza picchi di rilievo, anzi piuttosto appiattite verso il basso. Quando ci abbandoniamo alla quiete e alla serenità della comfort zone le nostre incertezze e la nostra vulnerabilità svaniscono, come per effetto di una pozione magica, e ci è comunque garantito, senza un particolare impegno, l’accesso a una fornitura basic di elementi in grado di soddisfare i nostri bisogni primari, che includono non solo acqua e cibo, ma anche tempo e affetto.
Comfort zone significa jeans e t-shirt, la pizza sul divano, le chiacchiere infinite, a volte leggere e dissacranti, con quegli amici intimi a cui non dobbiamo dimostrare nulla perché ci vogliono bene anche solo per il nostro sguardo inconfondibile, che spazia dall’ingenuo cerbiattone al graffiante felino in un batter d’ali (di una farfalla che passava di là).
E vuol dire anche consentirci di portare in giro il broncio per un giorno intero se nella notte abbiamo fatto un incubo che ci ha fatti piangere un po’, senza preoccuparci di sembrare meno allegri e solari, e quindi meno affascinanti, di come tutti ci conoscono e si aspettano che siamo. E uno scrub deciso, aromatizzato agli olii essenziali, che riesce a smussare gli angoli della vita e alla fine ammorbidisce anche i sogni.
Evadere dalla comfort zone ci porta spesso a perdere il controllo, lasciare barcollare il nostro equilibrio a ritmo con le emozioni, far scorrere i brividi lungo ogni centimetro di pelle che ricopre la nostra anima accesa e sentire l’adrenalina che pulsa a palla, mentre dipingiamo la nostra vita a pennellate di tinte forti. Un viaggio che riempie il cuore di gioia e ringiovanisce le sensazioni, non c’è alcun dubbio.
Il rovescio della medaglia è che per intraprenderlo, questo viaggio, dobbiamo necessariamente rinunciare a quella sensazione di sicurezza che ci cura, ci coccola e lenisce le ferite della nostra anima, a volte stanca di battaglie faticose da combattere.
Ho proprio capito che ci sono momenti, nella vita, in cui vivere al riparo, protetti dalle pareti blu della nostra comfort zone, possibilmente dissolvendo anche i confini del nostro corpo verso una trasparenza sempre più pura, fa davvero bene.
E poi ce ne sono altri in cui, al contrario, diventa indispensabile prendere una boccata d’aria fresca al di fuori di quei confini rassicuranti, e allora la trasparenza riassume consistenza, i contorni dell’anima si materializzano di nuovo, la gravità della vita ricompare e lo sguardo del mondo ce lo sentiamo di nuovo addosso, sulla pelle. E bisogna ritornare a garantire performance più elevate, riacquisire una forma un po’ più smagliante, cavalcare nuovamente l’onda della curiosità (che non ci ha mai davvero abbandonati) e ricominciare a elargire parole sagaci, cultura in pillole e sorrisi.
Ecco, per tutto questo, a volte, ci vuole un fisico bestiale. Bisogna essere pronti, e sufficientemente determinati.
Mi sa che aspetto ancora qualche mese…
Sarò anche in controtendenza, ma non me ne faccio una colpa. Una scelta così non tutti possono capirla, lo so, e forse è inutile anche sforzarsi di farlo. Da fuori sembra tutto meno avvincente, ma qui dentro non si sta poi così male. C’est la vie.
“I trattati di pace con se stessi sono spesso i più difficili da concludere” (Romain Gary).