Milano, 28 Gennaio 2015
In questi giorni, riflettendo su temi tanto importanti quanto complessi (e anche un po’ “pesi”, lo ammetto), quali scelte, rimpianti e nuovi progetti, mi è ritornata in mente una campagna pubblicitaria di qualche tempo fa, realizzata da un’azienda che produce zainetti e simili.
Lungo i corridoi della metropolitana campeggiava un’affissione di cui non ricordo l’immagine di fondo, ma il claim sì. Recitava: “When was the last time you did something for the first time?” Ovvero, per i non anglofoni: “Quando è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa per la prima volta?”
Bella domanda. Ricordo di averci pensato a lungo, all’epoca, e di aver condiviso lo spessore dell’interrogativo, ma soprattutto l’autenticità e il valore delle risposte, con l’amica che per prima era rimasta colpita da quel messaggio e me l’aveva fatto notare. Ovviamente davanti a una bottiglia di vino rosso profumato ad accompagnare le nostre considerazioni.
Quella domanda aveva fatto fluire dalle nostre anime di ragazze metropolitane sempre in marcia un fiume di pensieri sull’esperienza, che non è semplicemente quello che ci accade, bensì quello che noi facciamo di ciò che ci accade. In altre parole, le nostre scelte, a volte totalmente consapevoli, altre volte in parte condizionate dal nostro inconscio, che è in cammino anche lui.
Quando ci decidiamo a mettere il naso fuori da quella prigione dei pensieri storti in cui a volte ci rinchiudiamo, ci accorgiamo che là fuori è già quasi primavera e, se ci mettiamo d’impegno, possiamo riuscire a sentire di nuovo quella voglia e quell’energia che ci servono per provare a fare qualcosa che non abbiamo mai fatto prima.
Il che, probabilmente, ha una valenza più che altro simbolica, ma ci fa stare decisamente meglio, e ci fa assaporare con maggiore intensità la nostra essenza di esseri evoluti, e in continua evoluzione.
Prima di fare qualcosa per la prima volta, però, è necessario che riprendiamo confidenza con le nostre luci e con le nostre zone d’ombra e affrontiamo con coraggio e responsabilità le profondità di quel vuoto che talvolta sentiamo dentro.
Solo allora saremo pronti per provare a riempirlo con cose che abbiano davvero senso per noi, e che arrivano proprio da dentro, perché se le cerchiamo fuori va a finire che ci inganniamo da soli e poi, a livello di benessere, e di equilibrio emotivo, è davvero un casino…
A questo punto è arrivato il momento di dare spazio a un nuovo tentativo. La vita, in fin dei conti, così come l’amore, è un susseguirsi di tentativi. Il peggior fallimento non è la sconfitta, ma non averci nemmeno provato, e il più grande capolavoro che possiamo realizzare non è altro che un tentativo che ci è riuscito particolarmente bene.
Evadere dall’appiattimento delle dinamiche che ci fanno sentire riparati e decidere di fare (o provare a fare) per la prima volta una cosa nuova ci fa sentire più forti e capaci, perfino più affascinanti ai nostri stessi occhi. Perché ci permette di scoprire un nuovo pezzo di quel puzzle complicato che è la nostra anima, da incastrare nell’immagine armonica che abbiamo di noi, dopo aver messo in discussione qualcuna delle nostre paure, dato una spolverata ai nostri pensieri e una stiracchiatina al nostro cuore.
E ci regala una sensazione di leggerezza, come quella che provi quando saltelli nella gioia rinfrescando con un vaporizzatore da giardino la tua pelle calda di sole, in un pomeriggio di inizio estate non lontano dal mare. Ma anche di soddisfazione, come quando le tue mani inesperte si rivelano capaci di preparare una pasta frolla da urlo per la crostata, anche se poi continui a comprare quella surgelata, che si fa prima.
E così, ci ho pensato di nuovo, a distanza di tempo, e mentre vivo una condizione totalmente diversa da quella di allora, e mi sono resa conto che negli ultimi mesi ci sono state tante prime volte per me. E, tutto sommato, credo di meritarmi di andarne fiera.
Ovviamente non parlo di lanci col paracadute, tuffi adrenalinici tipo bungee jumping o altre esperienze estreme (soffro di brutto di vertigini e sono abbastanza fifona di natura, quindi a questa serie di prime volte credo di poter rinunciare senza rimpianti), ma di cose che, per chi ricerca un senso, un senso ce l’avevano.
Alcune cose, per la prima volta, le ho anche subite, altre ho scelto di non farle, ignorando decisa il richiamo del “perché no?”, che lì per lì può aiutare a riempire momenti di vuoto, ma rischia di crearne altri.
Ho iniziato a occuparmi con la dovuta dedizione di me, ad esempio. Non abbandonandomi a uno stato di narcisistico distacco dal mondo, fatto di massaggi ayurvedici e snobismo emotivo, ma regalando a me stessa uno spazio e un tempo che avevo spesso mandato in esilio, per concentrare le mie attenzioni e cure altrove. E così ho intrapreso un nuovo viaggio solitario dentro la mia testa e il mio cuore, popolato da domande fondamentali e alla ricerca di risposte altrettanto importanti. Il tutto senza concedermi sconti, perché la solitudine mica è facile… e c’è un abisso tra essere soli (che spesso è una scelta) e sentirsi soli (che invece non lo è mai).
E poi, lungo la via, ho deciso di dare vita a questo sito web, che è nato come vetrina virtuale per i miei quadri (visto che prima di ogni altra cosa sono una pittrice), ma a poco a poco è diventato anche il mio rifugio dell’anima, un diario di viaggio dove esprimo a parole, e senza l’ausilio di alcuna maschera, emozioni rimaste a lungo nell’ombra, perché non c’era tempo, o voglia di lasciarsi andare un po’ di più.
Per la prima volta, vincendo ogni imbarazzo ed esibendo il sorriso più intenso che potevo (filtrato da una mascherina, in questo caso), sono andata in giro per gallerie d’arte a presentarmi, a raccontare di me, della mia esperienza e dei miei sogni a colori. E nel frattempo mi sono lanciata in nuove sperimentazioni pittoriche, sull’onda di sensazioni inedite che mi hanno portata alla scoperta di tecniche e materiali che non conoscevo.
Per la prima volta, ho fatto il bagno in un cenote messicano, una di quelle grotte di acqua dolce caratteristiche della penisola dello Yucatan. A essere onesta quella non è stata un’ideona, se ripenso ai pipistrelli che mi svolazzavano sopra la testa e al freddo glaciale che ha paralizzato i miei sensi per un paio di giorni, e credo proprio che quella prima volta rimarrà un’esperienza unica.
Cosa non meno coraggiosa, per la prima volta una sera sono andata al cinema da sola, vincendo ogni ritrosia del mio Io, che mi suggeriva di guardarmi un DVD sul divano di casa mia. Avevo voglia di vedere Magic in the Moonlight (che, nonostante l’apparente semplicità, non mi è affatto dispiaciuto, Woody Allen riesce sempre a regalarmi qualche interessante spunto di riflessione) e così sono uscita decisa, con anche un mezzo sorriso stampato sulla faccia. Per dovere di cronaca, poi al cinema ho incontrato persone che conoscevo e che, guarda caso, avevano il posto proprio accanto al mio. Però io ci ho provato, e credo che ripeterò quest’esperienza.
L’importante è proprio provarci, no?
Poi, se la prima non va bene, si può sempre decidere se darsi una seconda chance o provare una nuova prima volta, magari più adatta a noi.
In fondo, la nostra vita è la storia di tutti i tentativi fatti per tenere i piedi saldi a terra senza mai smettere di alzare gli occhi al cielo, e sognare.
E a volte, alla vita, bisogna accordare un po’ di fiducia. La ricompensa prima o poi arriverà e sarà l’affascinante scoperta di una parte di noi che non sapevamo nemmeno che esistesse.
“E se diventi farfalla nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali” (Alda Merini).