Nord-Est – Italia, 22 Dicembre 2015
Che cos’è l’armonia? E serve davvero? Eccole qui le mie domande, quelle che mi risuonano nella mente appena apro gli occhi la mattina, addirittura prima del caffè.
Per tutta la vita non ho fatto altro che inseguire una mia del tutto personale idea di armonia, tentando sempre e in ogni modo di placare tempeste imminenti e spegnere incendi potenzialmente dannosi con l’arma del sorriso, a volte anche con docili carezze lenitive, ego o (più spesso) etero-rivolte.
Appianare le rughe che increspavano il terreno mi è sembrata sempre la soluzione più naturale, e più utile per tutti. Non ho mai amato i contrasti accesi, le urla, le tinte troppo sature.
E per amore di questa armonia a volte ho ceduto il passo di fronte a scelte che, a guardarci bene, non mi appartenevano, rischiando altrettanto spesso di vedere i miei pensieri liberi immolarsi sull’altare della relazione con l’altro.
Quando dipingo ricerco l’armonia nella composizione artistica, mentre tratteggio, prima nella mente e poi sulla tela, gli orizzonti senza confini della storia che voglio raccontare, e soprattutto quando scelgo di mescolare sulla tavolozza dei miei sogni varietà cromatiche e materiche che, nell’incontro, possano avere un senso.
Così come un senso nuovo di me lo ricerco nel rapporto con l’altro, che è altro da me perché fatto di diverse forme, emozioni e idee, e proprio per questa diversità mi interessa (e mi avvince) un po’ di più.
A forza di inseguire l’armonia mi sono resa conto di quanto lei stessa sia fatta di contraddizioni marcate, di contese e ritmi tribali, di pennellate sfacciate di colori primari che si compenetrano per ricominciare a vivere.
E così ho capito che sono proprio gli attriti a produrre quel calore che a volte mi manca così tanto, quello che scalda gli ingranaggi del cuore, e allora ho deciso di assecondare i contrasti che ho sempre rifuggito, riconoscendoli indispensabili per completare la mia migliore ricetta.
Sto ri-tarando il mio barometro delle sensazioni, e mi scuso con qualcuno se negli ultimi mesi sono stata qualche volta poco docile, in alcuni casi troppo diretta, ma l’ho fatto per il mio benessere, propedeutico a qualunque dono.
A volte, in passato, ho sottovalutato l’importanza delle mie percezioni, e con loro dei miei desideri più autentici (ebbene sì, l’ho detto. Odio questo aggettivo, ma in questo discorso ci sta bene), scegliendo di lasciarli manipolare da mani esperte e affascinanti, ma non abbastanza attente a me.
Oggi sento la necessità di abbracciare tutte le verità che mi si proiettano di fronte agli occhi, di affrontarle con parole taglienti, quando serve, e sguardi che siano più efficaci di frasi perfette, senza più farmi condizionare dall’urgenza del sorriso, né dalle presenze. Tanto meno dalle assenze.
“Penso che la cosa più eccitante, creativa e fiduciosa nell’azione umana sia precisamente il disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell’ingiusto, e così via. Nell’idea dell’armonia e del consenso universale, c’è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere tutti uniformi, rendere tutti uguali”.
(Zygmunt Bauman)