Sensi e sorrisi. Esercizi di buonumore

Milano, 28 Aprile 2015

Scomposizione sensoriale 7 - Gusto. Tecnica mista su tela, 120x80

Scomposizione sensoriale 7 – Gusto. Tecnica mista su tela, 120×80 (Vizi e buonumore)

 
Ci sono giorni in cui il buonumore non si sveglia proprio insieme a noi quando apriamo gli occhi fra lenzuola stropicciate di sogni a corrente alternata.
Sono i momenti in cui il sorriso non cade dall’alto come una pioggerellina tiepida di mezza stagione, ma ce lo dobbiamo conquistare, con un po’ di impegno e dedizione. La parte bella della faccenda è che si può fare, e alla fine quel sorriso non sarà meno importante degli altri.

A volte non c’è proprio niente da ridere, e bisogna prenderne atto senza per questo imboccare la strada del “pessimismo e fastidio”.
Basta un semplice esame di realtà, propedeutico però ai passi successivi.
Acquisita la necessaria consapevolezza, e la conseguente prudenza, bisogna cercare (e soprattutto trovare) il lato positivo di tutte le cose della vita, perché questo tentativo colora la strada davanti a noi di una luce diffusa che fa bene all’anima. E, naturalmente, al cuore.

Ovviamente, ci sono tanti metodi da sperimentare e strumenti da inforcare alla ricerca del buonumore, e ognuno di noi conosce e impiega quelli più adatti a sé, ma secondo me alcuni hanno una valenza abbastanza universale, con diversi gradi di intensità variabile in base alle sensibilità peculiari di ciascuno.

Ho provato a fare un esercizio, a metà strada tra la prestigiosa sfera della riflessione e quella più carnale della sensorialità, e ho deciso di conquistarmi un nuovo tentativo di sorriso accogliendo il richiamo dei cinque sensi.

1. Il tatto, a pari merito con la vista, è il mio senso preferito. Allora ho pensato di regalarmi un abbraccio, caldo e avvolgente, di quelli che quando ci sei dentro non ti accorgi nemmeno se al di là di quel metro quadrato “piove un mondo freddo”.
Fonti autorevoli, tra l’altro, sostengono che gli abbracci provochino il rilascio nell’organismo di ossitocina, un ormone in grado di influire sul benessere annientando i sentimenti negativi come fa Swiffer con i germi della polvere. Evviva! Allora oggi mi impegno a cercare un abbraccio, o magari una carezza, un contatto semplice, leggero, dove le dita scorrono sulla pelle senza bisogno di parole.

2. Step numero 2, la vista. In questo campo la fantasia, e con lei la volontà, possono svolazzare ovunque alla ricerca di un’armonia di colori in grado di nascondere sotto pennellate di allegria il grigio di un broncio insensato scandito dai capricci della primavera.
La prima cosa da fare è muoversi. Alzarsi dall’accogliente torpore al quale ci invita il divano e uscire di casa. Aprire bene gli occhi e farli roteare in giro accesi, possibilmente mentre passeggiamo in mezzo a qualcosa di verde (va bene anche il parco di via Palestro, se non c’è un bosco o uno scampolo di campagna a portata di mano).
Subito dopo, quegli stessi occhi vanno coccolati immergendoli nella magia dell’arte, il nutrimento più vivo che ci sia per l’anima. A pensarci bene, ho capito che per me il buonumore è un po’ come un tuffo senza paraspigoli in una delle enormi tele colorate di ingenuità di Joan Mirò, quella specie di genio surrealista che Jacques Prevert definì “un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni “ (a volte anch’io, nel mio piccolo mondo, mi sento così).

3. E passiamo all’udito, che ha a sua volta un suo bel ruolo nel gioco del buonumore. Anzi, più che di udito parlerei di ascolto, un concetto, o forse un modus vivendi, che mi è ancora più affine. Farsi cullare dalle note di una canzone che evoca bei momenti, o abbandonarsi all’accoglienza di una voce profonda che si prende cura di noi leggendoci una storia, è sicuramente un ottimo metodo per stimolare le papille sensoriali (e sentimentali) più nascoste dentro di noi e farle sorridere un po’.

4. Anche il gesto, e con lui l’emozione, di annusare la primavera offre una bella carica vitaminica al nostro istinto del sorriso. Certo, per assaporare nel mondo migliore le potenzialità dell’olfatto l’ideale sarebbe piazzarsi di fronte al mare e sniffarsi ogni alito di vento e ogni carezza delle onde che passano di là.
Ma a Milano il mare non c’è (l’ho accettato da tempo, questo) e quindi devo necessariamente mettermi a cercare altri profumi. Quello di un fiore, ad esempio, capace di regalare un breve trattamento gratuito di aromaterapia naturale, un’iniezione di benessere a effetto immediato.
Ma, forse, visto che vivo in un pittoresco quartiere multietnico, mi basta chiudere gli occhi e cercare di farmi inebriare per qualche istante dal profumo di spezie che invade ogni cortile qui intorno, nel tentativo di raccontare l’arrogante supremazia del berberé nella cucina che è tanto in voga da queste parti.

5. A questo punto, restando in tema, non posso che occuparmi del gusto. La mia anima è sempre stata piuttosto godereccia e incline a cedere ai vizi, lo confesso. Semplicemente, faccio fatica a resistere ad alcune tentazioni, fra queste la gola, e spesso non ne vedo proprio la ragione.
Ho capito, ma prima ancora sperimentato, che regalarsi un piccolo boccone di una cosa tanto ma tanto buona fa davvero bene. Allo spirito, all’umore, alla vita in generale.
A volte fanno benissimo anche le patatine fritte con la maionese (che è uno dei massimi livelli di maialaggine che spesso mi concedo), ma è davvero tutta un’altra storia se sotto mano capita una grattatina di tartufo bianco di Alba (anche se non è stagione), un cucchiaino di morbida tartare di tonno rosso, un quadratino innocente di melanzane alla parmigiana, o magari una leccatina di mousse alla mandorla. E se poi lì accanto c’è anche un calice di un buon vino (che io tendo a vedere pieno anche se ce ne sono solo due dita) allora il sorriso è garantito. Mi basta poco, lo ammetto.

E comunque, al di là della catalogazione dei pensieri positivi nel rigido schema dei 5 sensi canonici, sono sicura che per trovare (o ritrovare) il buonumore ci vuole un po’ di impegno, un pizzico di convinzione, un calcetto negli stinchi alla realtà, e il gioco è fatto.
In fin dei conti, una volta saliti in giostra, è più utile farcelo piacere, l’ennesimo giro.

Può darsi che non sarai mai felice. Perciò non ti resta che danzare, danzare così bene da lasciare tutti a bocca aperta
(Haruki Murakami, Kafka sulla spiaggia)

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