Milano, 30 Giugno 2020
Ci ho messo un po’ a completarlo, questo quadro.
A dirla tutta, le mie attività social post lockdown hanno subito un’impennata e quindi non sono più riuscita a reggere i ritmi della produzione artistica del periodo di isolamento, ma la verità è che nelle ultime settimane ho trovato un sacco di alibi per evitare il confronto con lo specchio in cui ogni mia opera si trasforma, e il dialogo sincero con il mio Io.
Però, ogni mattina, mentre sorseggiavo lenta il primo caffè per riappacificarmi col mondo, questo cuore in fieri mi fissava, mi richiamava alla vita vera, cercando di spazzare via dal mio sguardo ogni languore residuo e di cancellare tutti i fotogrammi che si ostinavano a voler comporre l’incipit di un film senza senso. Alla fine ha vinto lui, e io ho capito che non siamo al cinema e che l’immaginazione, alla lunga, soccombe sempre nel match contro la realtà.
Avevo iniziato a dare le prime pennellate a questa tela per tentare di esorcizzare il senso di vuoto provocato da un’assenza che, per quanto fosse sempre stata a tutti gli effetti un’assenza, corredata da svariati tipi di mancanze, col tempo lo è diventata in modo più evidente, togliendomi l’entusiasmo e anche un po’ di serenità.
Non sono mai stata brava a gestire le separazioni (prometto che se fanno un corso mi iscrivo subito), ecco perché dare forma e colore a un addio mi era sembrato un atto di coraggio troppo elevato per una come me, abituata a sguazzare nella morbidezza lasciandosi scorrere sulla pelle fugaci promesse di carezze e calore.
Ma poi è successo che, mentre le settimane scorrevano con malcelata arroganza fra le luci di una nuova estate, ho finito la riserva di scuse. E così ho smesso di essere codarda, ho inforcato di nuovo i miei pennelli e ho affrontato, con una certa fierezza d’animo, il disincanto.
Ed eccolo qui, il cuore che ho dipinto. Epilogo della storia.
E’ il mio cuore, o forse è solo l’idea che mi sono fatta di lui, ed è in vendita.
Lo lascio andare perché ho capito che non lo voglio più. E’ stato usato molto, negli anni, ma è ancora perfettamente funzionante. Ammetto che la carrozzeria presenta qualche crepa evidente, ma il motore che lo anima ha una capacità smisurata, in grado di garantire livelli massimi di empatia e un arcobaleno brillante di colori.
E’ un affare, lo garantisco.
“But let’s not talk of love or chains and things we
can’t untie
Your eyes are soft with sorrow
Hey, that’s no way to say goodbye”
(Leonard Cohen)