Milano, 12 novembre 2014
Sfumature lievi, che sfiorano l’anima come il tocco delicato di una carezza amica. Geometrie che si dissolvono in un paesaggio armonico, privo di confini, ammorbidito dall’incoscienza di un sorriso. Trasparenze che emergono dallo sfondo, per raccontare sogni pronti da vivere.
Prima dell’alba regna l’immaginazione, un universo magico dove si compie l’incontro più intimo, quello che rende possibile il dialogo con le nostre storie, senza rimproveri e senza rimpianti.
In Casino Totale, primo volume della sua trilogia marsigliese, Jean-Claude Izzo scriveva: “Le belle giornate esistono solo al mattino presto. Avrei dovuto saperlo. Le albe non sono che l’illusione della bellezza del mondo. Quando il mondo apre gli occhi, la realtà riprende i suoi diritti. E riappare il merdaio”.
Quando io apro gli occhi, la mattina, l’unica cosa che sono in grado di pronunciare (e desiderare) è: “caffèèèèèè”. Allora, dopo aver spento la sveglia per tipo 5 volte (suona ogni 7 minuti), in una sorta di prolungamento di una dolce agonia, mi trascino verso la cucina, rigorosamente al buio, o lasciandomi accompagnare solo dalla luce garbata che entra dalla finestra, accendo la Nespresso e mi lascio cadere su quella sedia che ha ospitato tanti miei pensieri e idee mattutine. Poi, di solito, ancora in uno stato di soffice dormiveglia, fisso lo sguardo davanti a me, intuendo nella penombra potenzialità e miglioramenti da apportare alla tela a cui in quel periodo sto lavorando, che mi guarda a pochi metri di distanza appollaiata sul cavalletto (non ho un atelier purtroppo, non ancora almeno, quindi buona parte della mia creatività si sprigiona fra le quattro mura della mia cucina).
In quei momenti, prima di premere il pulsante “caffè corto”, rivivo tutte le sensazioni che ho provato durante quel lungo e lento risveglio. Tra l’altro dormo poco ultimamente, e in modo non profondo, quindi il passaggio dallo stato di totale incoscienza a quello di “coma vigile” è ancora più dilatato, meno repentino, pensieri e percezioni si rimestano e il mio vissuto onirico si mescola con la realtà in una specie di ratatouille dell’anima.
E’ ancora tutto possibile, in quegli istanti, l’incantesimo non si è ancora spezzato, le energie volitive sono ancora concentrate verso una via lattea di possibilità e i colori sono più vividi che mai. Ci si incontra, tutto ha un senso, l’armonia governa, leggera e accogliente, e la solitudine è solo una parola vuota.
E’ solo dopo il tanto agognato caffè, e dopo quell’acqua fresca sul viso che fa riapparire gli angoli, che la magia svanisce, l’entusiasmo si placa. E l’illusione si trasforma in disincanto.
Quasi improvvisamente ti ritrovi a riprendere confidenza con la realtà e riperdi quel contatto così intimo con situazioni, cose e persone che avevi sentito tanto vicine, lì accanto a te. Avverti in modo tangibile la dipartita di quel senso di complicità che spesso aiuta a capire se stessi, e di conseguenza ad amare, e vivi di nuovo quel profondo senso di estraneità che nel dormiveglia sembrava essere svanito. Ed è in quel momento che, per un istante, vorresti annegare in una bottiglia di Rum (ma è solo mattina e devi andare in ufficio) per riprovare quell’ebbrezza che ti farebbe ripartire il cuore.
A volte il tepore dell’immaginazione è pericoloso, perché poi ci vorrebbe una bacchetta magica per trasformare l’incantesimo in vita. Ma le fate e le pozioni esistono solo nelle fiabe, bisogna prenderne atto.
E allora decidi di fare pace con quello che c’è. E apri gli occhi per bene, anche se a dire il vero qualche volta devi truccarti a memoria per evitare di incrociare quello sguardo disincantato. Ma decidi di aprirli lo stesso e guardi davanti a te, perché se non li apri i sogni non riescono a uscire e a fare tutta la strada che serve per diventare veri. Perché, anche se l’estate è finita e la luce pungente ci prova a raffreddare i tuoi pensieri, la vita è lì che ammicca, ti invita a fare un passo avanti, e se hai gli occhi chiusi non te ne accorgi e non sarai mai pronto ad accettare l’invito. O a proteggerti.
In assenza di una bacchetta magica, ci vuole sempre un piano B. “Fate quello che vi pare ma l’importante, nella vita, è non tradirsi mai. E ogni tanto ricominciarsi. Davvero però”, come scrive Chiara Gamberale in Arrivano i pagliacci, un bel romanzo che ho letto recentemente, delicato e al tempo stesso irruento, eccentrico, leggiadro ma anche dolente, un libro che racchiude fra le pagine ottimismo e fiducia (nonostante tutto), che ti fa pensare e ti chiede di aprire gli occhi. E di sorridere…