Milano, 27 Maggio 2015
Il non colore invade un’anima sospesa, si fa strada tra pensieri in cammino per ripulirli da impurità che ne imbrattano la limpidezza. Un mondo lontano riemerge, placido e incolpevole, da un groviglio di ricordi a corrente alternata, mentre le sensazioni si rinnovano, tracciando i non confini di un cammino inedito.
Il bianco è sottrazione, candore, purezza, verità.
William Blake, poeta e pittore inglese che passò gran parte della sua vita sulla soglia ammaliatrice del regno dell’immaginazione, scrisse: “Se le porte della percezione fossero purificate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è, infinito”.
Mi piace molto quest’immagine, mi si materializza con naturalezza davanti agli occhi, mentre mi accorgo di quanto sia forte il mio desiderio di emancipazione da quelle forme di schiavitù che frastagliano i contorni dell’anima, il mio bisogno di traghettare sogni puliti verso un’oasi di meritata serenità.
Nella filosofia socratica la catarsi era il risultato del dialogo che, attraverso intensi match fitti di domande e risposte, portava alla liberazione da quelle ombre di presuntuosa ignoranza che millantavano saperi definitivi e universali.
Il dialogo, in primis quello più sincero con se stessi, è la chiave di volta capace di spalancare le porte dell’innocenza, dello sguardo diretto, e magari a lungo andare anche della felicità.
Proprio alla ricerca di quell’innocenza che sento appartenermi, mi sono lasciata risucchiare in una serie di riflessioni sul tema dell’espiazione. Un flusso di pensieri battaglieri si è impadronito del mio spirito per tentare di liberare il mio sorriso dalle catene di quei veleni che, paradossalmente, a volte curano.
Mi sono resa conto che sto cercando un alibi senza affatto sentirmi colpevole, e tanto meno esserlo, fuggo lontana mentre il mio calore si avvicina, come una “fata ignorante” che vive le sue contraddizioni senza strategie, in un equilibrio precario ma consapevole che insegue la purezza.
Ognuno si salva da solo.