Milano, 22 Marzo 2016
Negli ultimi mesi, guardando la mia immagine riflessa allo specchio, mi è capitato spesso di sentirmi un po’ a disagio, come se stessi fallendo nel tentativo di instaurare un dialogo muto e ostinato con un’anima straniera, plasmata con la mia stessa sostanza ma totalmente diversa da me.
Mi è successo di provare con tutte le mie energie a concentrarmi su quello sguardo che mi sfidava dalla superficie tagliente di quello specchio, ma di non riuscire a riconoscerci i miei occhi.
Ho sbirciato e studiato quel volto da diverse angolature, ma niente da fare. Per molto tempo non sono proprio riuscita a sintonizzare le mie sensazioni sulla lunghezza d’onda di quel riflesso forestiero, e in fin dei conti mi è mancata la voglia di conoscere, o ri-conoscere, quei contorni.
Poi, col passare del tempo, mi sono accorta che con quell’immagine stavo stringendo un patto, le stavo dando la possibilità di farsi conoscere, la stavo invitando ad aprire una fessura fra le maglie dell’armatura che le avevo costruito intorno.
Ho capito che quello che vedevo non era uno sguardo di sfida, ma l’impavida delicatezza di chi stava tentando di mascherare le cicatrici del cuore, del caso e del tempo.
Un moto di tenerezza mi ha invaso l’anima, e così alla fine abbiamo fatto amicizia. Solo allora ho iniziato a conoscerla un po’, a ri-conoscere la storia dipinta su quel viso, ad accettarne le confessioni e ad aiutarla a ricolorare i sogni, consentendole di far scivolare le matite anche fuori dai bordi.
Oggi mi guardo allo specchio e mi sorrido. Qualche volta mi sorprendo ancora di fronte ai tagli di luce che disegnano ricordi sul mio viso e mi riscopro a chiedermi “tu chi sei?”, ma quello sguardo non mi fa più paura.
Ho capito che le pagine della nostra esistenza scorrono fra le carezze delle dita, gli addii ci induriscono e gli incontri ci addolciscono, le guerre ci spingono all’angolo e le vittorie ci ammorbidiscono la pelle, mentre l’eco del mare fa vibrare le corde della nostra anima.
Dobbiamo ricordarci sempre chi siamo e chi abbiamo scelto di essere, e il significato di quello che stiamo facendo. E mentre contempliamo le oscillazioni dei nostri lineamenti, della nostra memoria e della nostra innocenza andiamo avanti, con un sorriso in meno ma anche uno in più, con un vestito nuovo, qualche ruga intorno agli occhi e un bicchiere di cristallo da riempire per festeggiare la primavera.
“La coscienza della sua identità lo colse con una forza improvvisa, e ne avvertì la potenza. Era se stesso, e sapeva cosa era stato”
(John Williams, Stoner)